Storie di tutti i giorni di Nilamptipta

Sentire il “halt”

Miei cari lettori, la relazione con il cibo è una delle più complesse e sofisticate, che l’essere umano possa affrontare. Ora mi dirai, “ma io non ho problemi con l’alimentazione”.

E io ti rispondo: ne sei proprio sicuro?

La relazione o connessione che intratteniamo con il cibo recita: “dimmi come e cosa mangi ed io ti dirò chi sei”.

Ti è mai capitato di andare da un nutrizionista e vedere che questo professionista è in sovrappeso oppure sottopeso?

Nella nostra parte di mondo, il cibo, e ti dirò anche il denaro, ha preso la leadership sulle nostre vite. Mi capita di vedere familiari che, per potere superare lo scoglio dell’imbarazzo uno verso l’altro, parlano solo di ciò che hanno mangiato oppure di ciò che cucinano oggi.

Persone che quando s’imbottiscono di cibo si spengono di sonno, come se avessero preso un blister di sedativi. Oppure fanno il contrario, entrano nell’euforia.

Altre, mangiano, perché “a casa si mangiava così”, quindi per abitudine (learn behaviour come dicono in inglese) oppure lealtà assoluta al clan familiare. C’è chi nel sovrappeso individua le ricchezze e l’abbondanza.

Queste dinamiche sono, ben visibili e riconoscibili.

Altre sono subdole e sintomo di disagi molto più profondi. Mamme che hanno perso dei figli, che per compensazione “devono assolutamente dare da mangiare in sovrabbondanza a tutti i cari intorno a loro”, creando loro malgrado, disorientamento, disagi e dissonanze e discordanze.

Io faccio parte delle persone per cui questo mondo “è indigeribile” e fatico a nutrirmi, quasi tutto è un “peso” e mi “fa male”. Costantemente alla ricerca di quello che posso ingerire e che mi possa fare meno male possibile.  

Oggi, tuttavia, condivido la mia vittoria. Devi sapere che, ho trovato delle gallette di mais e legumi, nelle quali potrei, letteralmente annegare; e quando iniziavo a mangiarle, non riuscivo a darmi una misura, per poi stare male. Ebbene, oggi, al di là del “gusto inebriante”, sono riuscita a sentire quel sanissimo “halt” del mio corpo che mi diceva: “è sufficiente”.

Quel salutare halt, quella voce flebile che esiste e che rimane, puntualmente, sovrastata dal frastuono del rumore nel nostro interiore.

Troppo spesso, la mancanza “di gusto della vita e di ciò che ci accade”, viene trasferito nel gusto di mangiare, male e a dismisura.

Ma come si fa a recuperare quella vocina, naturale e salutare del “halt”?

Che può benissimo essere utile anche per tutte le dipendenze fisiche ed emotive.

contenuto coperto da copyright – ©Marina Baldo Marinatto, Nilamptipta – 2024

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