PICCOLA BAMBINA BRUTTA E GRASSA

dalla penna magica di Marina Baldo Marinatto

Once upon a time … c’era una volta una piccola bambina, magrolina, che sembrava un bambino. La piccola bambina era nata in una famiglia nella quale mamma e papà si volevano tanto bene, che quasi trascuravano la piccola bambina e sua sorella. Questo rendeva la piccola bambina molto, molto triste. E

ancor più che triste, la piccolina si sentiva molto arrabbiata e sola.

La sua solitudine era talmente grande, che la piccola bambina si aggrappava a sé stessa dentro di sé; la mancanza di mamma e papà che lei sentiva, la convincevano di essere totalmente sbagliata per questa famiglia, e di essere piccola e brutta. Il sentire, e più tardi anche il pensiero di essere brutta, l’allontanavano sempre di più dal suo cuore e dalla famiglia. La piccolina, crescendo, finiva col rifugiarsi nei suoi pensieri e solo in essi.

Stare sola nei pensieri le dava l’illusione di non dovere percepire alcuna emozione oppure sensazioni sgradevoli. In realtà tutto ciò che lei non voleva ammettere, finiva per deglutirlo, letteralmente, passando da uno stato di totale inappetenza all’insaziabilità e alla continua ricerca di mangiare, in ogni momento, e soprattutto di dolciumi e cibo spazzatura.

La piccola bambina, priva di “gusto della sua giovane vita”, voleva compensare la mancanza del gusto con il gusto delle papille gustative. I sapori di ciò che portava alla sua bocca dovevano essere forti, dolci ed intensi. E anche se il suo corpicino urlava che ciò che lei “buttava giù” non era salutare, lei continuava imperterrita.

Sguardo dritto in avanti e sanza voltarsi indietro, senza guardare mamma e papà, la bambina imboccava l’inesorabile cammino, dal sottopeso al sovrappeso. E più lei mangiava e più ingrassava, e più rimproveri piovevano dalla sua famiglia. Una famiglia dove “solo magro è bello”.

Mangiando e continuandosi a dire “brutta”, la bambina cadeva in una condizione di sconforto, frustrazione ed emarginazione sempre più profondi. E per non doverli percepire, mangiava e s’ingozzava. E poiché le ramanzine della “famiglia magra” si facevano sempre più pressanti, la piccola bambina iniziò a strafogarsi di nascosto. Spesso, si trovava dietro ad un grande comò, che le offriva quella protezione, che tanto anelava, e con le piccole manine piene di leccornie. Se per caso qualcuno della famiglia se ne accorgeva, lei diceva che erano cadute a terra e che le stava prendendo per rimetterle al loro posto.

Più mangiava e più si sentiva sola e più cresceva la sua rabbia nei confronti di mamma, papà e anche di sua sorella. Si sentiva talmente sola che credeva di essere di un altro mondo e non voleva stare “più qui”. “Io non sono di qui” pensava e mangiava.

Non ne voleva sapere di stare con mamma e papà, sentendosi giudicata dalla prima per il suo sovrappeso ed ignorata dal secondo, per il suo modo di essere. Meno lei guardava ai suoi genitori e meno loro guardavano a lei.

Un senso unico senza via d’uscita.

Un bel giorno, mentre stava nascosta dietro al suo comò ed ingoiava di fretta e furia tutti i biscotti che aveva potuto arraffare di nascosto, si affaccia la sua mamma. Gli occhi della bambina si riempivano di lacrime, la rabbia pareva farle esplodere il cuore e per la vergogna desiderava sprofondare nel suolo, negli abissi più profondi per potere scomparire dalla faccia di questa terra.

Occhi bassi, in modo che la mamma non potesse scorgere le sue lacrime, udiva come la sua mamma chiamava anche suo papà. La piccola bambina non sapeva più che cosa fare e si sentì immobilizzata e paralizzata dalla paura.

Ora si trovava davanti a mamma e papà che la guardavano dall’alto verso il basso, lei che era nascosta dietro al comò con le goccioline di cioccolata sciolta, che scendevano tra le dita.

Si sentiva morire.

E mentre stava con questa sensazione, ad un certo punto alzo lo sguardo, prima timorosa, poi un poco più coraggiosa. E ancor più audace guardò mamma e papà dritto negli occhi, dal basso verso l’alto.

Silenzio totale.

Ora accade ciò che finora era rimasto inconcepibile. La piccola bambina guardava mamma e papà e mamma e papà guardavano la piccola bambina. E d’improvviso la piccola realizzava che la stavano guardando; sì, proprio lei, brutta e grassa, e un raggio di calore si fece spazio nel suo piccolo cuoricino sofferente. Il timore lentamente svaniva. La mamma, delicatamente si piegava sulle sue ginocchia, in modo da guardare sua figlia negli occhi, alla sua stessa altezza. Anche se ancora non poteva ammetterlo, la piccola bambina provò un cauto desiderio di andare incontro alla mamma, anziché scappare, ma ancora non osava. In fondo, era ancora brutta e grassa. Stando in quella posizione, anche il papà si piegò sulle proprie ginocchia per raggiungere sua figlia ad altezza di bambina.

La sua mamma, cautamente allungava le sue braccia e mani con i palmi rivolti verso l’alto, per invitare la piccolina a raggiungerla. La piccola bambina, brutta e grassa, sentiva un irrefrenabile desiderio di lanciarsi nelle braccia della mamma. E, d’improvviso, non ebbe più fame.

Con i genitori che la guardavano attentamente, la piccola bambina sentì riempirsi il cuore di calore, e non si sentiva più sola. Sentiva che lei, dentro di sé, aveva trovato mamma e papà, ma era riluttante a lasciarsi andare e raggiungerli.

Dalla finestra aperta del soggiorno, udì il cinguettio degli uccellini che allegramente accoglievano la primavera. E fu proprio quel senso contagioso di apertura verso la vita che fece svanire gli ultimi dubbi, insieme al rancore covato per anni.

Ora la piccola bambina stava avvolta nell’abbraccio di mamma e papà, il luogo dell’amore, della protezione, il luogo più sicuro del senso di appartenenza; il luogo del senso di sazietà.

contenuto coperto da copyright – ©Marina Baldo Marinatto – 2024

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